Prima che i ricordi comincino a sbiadire ho deciso di raccontarvi la mia breve, ma sicuramente intensa esperienza da consulente informatico o, meglio, "Consulente Analista Programmatore SAP".
Ad Ottobre dell'anno scorso mi sono laureato, ma due settimane prima di raggiungere questo importante traguardo avevo già trovato il suddetto lavoro. Per chi non lo sapesse un consulente è una persona dotata di un determinato know-how utile ad alcune aziende o pubbliche amministrazioni (i clienti) e, per questo motivo, si ritrova catapultato a stretto contatto con queste realtà. Molto spesso la consulenza viene effettuata direttamente presso la sede del cliente e si lavora direttamente con i dipendenti dell'azienda stessa.
Ebbene dopo il periodo formativo trascorso a Molfetta in un'aria che era ancora molto universitaria (in fin dei conti seguivo delle lezioni a tutti gli effetti), il mio superiore mi chiama e mi assegna presso un cliente a Milano. Raccontata così sembra un'esperienza molto interessante, senza neanche troppi lati negativi, ma ahimé non è così. Dal punto di vista professionale hai l'opportunità di mostrarti agli occhi di grosse aziende internazionali, ma vorrei concentrarmi sul lato umano e cioé sulla vita che comporta fare questo genere di lavoro.
La mia azienda invia le persone in trasferta inizialmente rimborsando l'albergo per ogni giorno lavorativo e pagando il viaggio di rientro in treno per il weekend. Ora, il problema è che questo significa dover, ogni settimana, fare Milano-Bari andata e ritorno il venerdì sera e la domenica sera. Quindi essenzialmente in una settimana io dormivo 4 notti in albergo, 2 notti in treno ed una notte a casa mia.
Questa storia va avanti fino a quando non ti trovi una stanza dove stare in affitto (un mesetto nel mio caso) momento nel quale viene pagata la trasferta come forfait per ogni giorno lavorativo e due rientri al mese. Benissimo si potrebbe pensare, ci si trasferisce in questa stanza e si vive lì. Eh no invece perché c'è il trucco. In quanto consulente io ero essenzialmente un "informatico in affitto", il che significava non avere alcuna visibilità sulla propria permanenza presso un cliente. In parole povere non si sa quanto tempo si rimane in uno stesso posto e ci si può ritrovare dal venerdì al lunedì in una città differente. Questo costringe chiaramente al non potersi portare in trasferta niente più di quello che è trasportabile in una valigia.
Inutile dire che tale situazione si traduce in una certa difficoltà nel potersi stabilizzare e creare una vita ovunque si venga trasferiti.
Aggiungo a queste considerazioni anche un'osservazione sul tipo di lavoro che svolgevo. La consulenza, con i suoi elevati costi, è basata sul fatto che il cliente è ignorante, cioè non conosce le tecnologie per fare ciò che richiede (altrimenti se le farebbe in casa) e poiché quasi sempre le commesse sono pagate in termini di giorni/uomo, più tempo si impiega a fare una cosa, più la mia azienda ci guadagna. Questo giro di parole per dire, essenzialmente, che spesso ci si ritrova nella antipatica situazione di dover sovrastimare enormemente il lavoro da svolgere, con la conseguenza che, almeno nel mio caso, inevitabilmente ci si annoia. Giusto per fare un esempio: per aggiungere una colonna ad una tabella in SAP, lavoro che si fa in 5 minuti, venivano stimati 2-3 giorni. Immagino che molti penseranno "di cosa ti lamenti? lavoravi poco e ti pagavano pure la trasferta", ma io non la penso così. Sono uscito dall'Università con tanta voglia di fare, di lavorare, e nella situazione in cui ero questa scintilla si stava spegnendo. Probabilmente arriverà il momento in cui la voglia di lavorare sprofonderà, ma penso che in questo momento sia meglio battere il ferro finché è caldo.
In ogni caso anche questa esperienza, come tutte nella vita, è stata molto importante perché mi ha permesso di conoscere tecnologie nuove (SAP è proprio un mondo a parte), persone eccezionali (colgo l'occasione di salutare Domenico Petronella e Giovanni Angerame se mai leggeranno questo blog) e anche po meglio me stesso.